Lettura del paesaggio
L’elemento predominate nel paesaggio della pianura costiera di Portoscuso è il Parco eolico dell’ENEL, le cui torri coprono pressocché l’intero territorio. Si tratta, tuttavia, solo dell’ultimo tassello di un processo di utilizzo del suolo che di fatto corrisponde alla storia recente di Portoscuso. A partire dagli anni 70 del secolo scorso nelle immediate adiacenze del paese si sviluppò la zona industriale di Portovesme alimentata dalla Centrale termoelettrica “Grazie Deledda”. Portovesme rispondeva a due esigenze sostanziali dell’epoca: sostituire le attività minerarie del Sulcis, in via di esaurimento, e offrire un’opportunità di lavoro ai locali. Portoscuso, infatti, non era in grado di sopperire a quest’ultima necessità a causa della limitata potenzialità della sua tradizionale attività della pesca del tonno. Asso portante dell’impianto industriale era la lavorazione della bauxite per produrre alluminio grezzo, un’attività che causava un’enorme quantità di reflui tossici che per decenni furono stoccati sotto forma di fanghi rossi in bacini a cielo aperto. Ancora oggi, pur essendo cessata quasi ogni attività industriale, questi bacini, sebbene poco visibili nel paesaggio attuale, ne costituiscono forse la componente più importante perché incidono pesantemente sulle condizioni ambientali, sociali e sanitarie e dell’intero territorio. Oltre a costituire un serissimo pericolo per la salute pubblica, l’inquinamento ambientale prodotto dai fanghi rossi limita fortemente l’attività agricola nel territorio di Portoscuso, cancellando, di fatto ogni possibilità di sviluppo del settore. E’ in questo contesto che, in virtù della forte ventosità della zona, il Parco eolico si inserisce a sostituzione della Centrale Termoelettrica, un passaggio, tuttavia, avvenuto proprio in concomitanza dell’inizio della dismissione delle industrie locali, creando così le condizioni per il dissenso popolare non perché esteticamente inaccettabile ma perché non più in grado di generare vantaggi concreti per la zona.